Il problema dei Venditori Ambulanti e dei Barboni a Roma
I barboni delle metro di Roma, o “senza fissa dimora”, o “clochard” per dirla alla parigina, sono emarginati sociali: a volte anziani scappati dagli ospizi, o malati mentali, handicappati o tossicodipendenti appena usciti di carcere, ma sempre piu’ spesso persone normali, normalissimi separati dalle mogli, o individui “decaduti” dalla propria classe sociale a causa dell’attuale, terribile, crisi economica. Disoccupati, sfrattati, terremotati.
Sono, con i venditori ambulanti abusivi, degli “espulsi” dalla società o degli “autoespulsi” dalla società divenutagli ostile.
Sono persone con gravi problemi di comunicazione e relazione. C’è la Caritas che li aiuta, ci sono le parrocchie, c’è il Nucleo Assistenza Emarginati della Polizia Municipale di Roma, c’è la Polizia di Stato, ma non basta.
Perche’ non basta? Perché tutto sembra essere insufficiente ad arginare i fenomeni del barbonismo e della vendita ambulante abusiva? Inutile e dannoso dargli cibo o monetine: il problema resta e si ingigantisce sempre più.
Loro si odiano persino tra loro. Il loro è uno stato psicologico particolare: dal capirlo a fondo, da lì, dal capire la loro “testa”, si deve partire per sanare questa piaga sociale.
Piaga Psicologica
Circa l’aspetto, appunto, psicologico del problema, ecco le parole della Dottoressa Micaela Scigliano, Direttore Tecnico Capo Psicologo della Polizia di Stato:
“Quello che noi psicologi della Polizia abbiamo valutato è che i clochard, o barboni, ma anche spesso i venditori ambulanti abusivi che affollano le metro, sono dei depressi; sono affetti da un tipo particolare di depressione, che cioè ha al suo interno forti componenti di aggressività: componenti autoaggressive e componenti eteroaggressive.
La loro autoaggressivita’ si estrinseca nel loro farsi del male con il bere, quindi nell’alcolismo vero e proprio; l’eteroaggressività invece, quella cioè verso gli altri individui, si manifesta in una scorza dura che si forma nel loro carattere, che si mostra tutta quando si vedono rifiutare i soldi, ad esempio: molti barboni o venditori nelle metro, difatti, reagiscono in malo modo al vedersi rifiutare l’elemosina o l’acquisto di ombrelli, collanine, caramelle o chincaglieria etnica varia. Ultimamente sono spesso giovanissimi e stranieri, anche europei, vengono da paesi più disagiati del nostro.
Intervento Polizia di Stato
La Polizia di Stato li porta, sì, nei centri di accoglienza, ma essi rifiutano l’aiuto degli operatori sociali, perchè due altre componenti del loro profilo psicologico sono la cosiddetta sensazione di “hopelessness” (cioè, in inglese, la mancanza di speranza) e la “helplessness”, cioè la mancanza di speranza nell’idea di poter essere aiutati: essi sono infatti dei pessimisti ormai e tale pensiero pessimista dipende dalle loro esperienze pregresse. Spesso,infatti, fanno quella vita sin da bambini, bambini che genitori senza scrupoli tramutarono in suonatori e canterini per elemosinare, come accade anche oggi: sempre più i minori sono impiegati per elemosinare.
Lì si apre un’altra piaga sociale, quella dei minori nelle metro di Roma , moltissime volte si tratta di bimbi rom: tutti bimbi dal futuro “distrutto”, per via dell’infanzia deprivata, perche’ a loro i genitori hanno imposto responsabilita’ da adulti; la mancata scolarizzazione, infatti, ne farà degli altri barboni, degli altri venditori ambulanti abusivi, degli altri delinquenti, degli altri emarginati sociali.
L'incidenza dell'istruzione e della Cultura
Ogni bambino non scolarizzato, poi, e’ ad alto rischio psicosociale, può cioè contrarre in futuro patologie derivanti dalla depressione, e patologie mentali non organiche, e può diventare un disadattato con condotte antisociali, perché è un bambino che non ha potuto introiettare le regole del vivere comune, della normale educazione allo stare in società e dell’igiene personale.
I genitori che fanno lavorare i bambini compiono reato e sono imputabili, ma i bimbi no; la Polizia di Stato, allora, li allontana, sì, dalla metro o da altrove, ma i centri di accoglienza sono pieni e cosi’ li si porta nei centri di tende, ma lì sorge un altro problema: spesso danno tutti nomi falsi e scappano via di nuovo, si nascondono dentro un altro campo nomade e spariscono nel nulla”.