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Innanzitutto, chiariamo una cosa: dal 19/06/18 la transessualità non è più classificata dall'Organizzazione mondiale della sanità come malattia mentale.
L'incongruenza di genere è stata rimossa dalla categoria dei disordini mentali dell'International Classification of Diseases per essere inserita in un nuovo capitolo delle "condizioni di salute sessuale", in quanto è ormai chiaro che non si tratti di una malattia mentale e classificarla come tale può causare una enorme stigmatizzazione per le persone transgender.
Cambiare l’identità di genere, e quindi modificare il sesso, è una pratica psicofisica, legale e burocratica complessa, che permette di ridare dignità alla persona con l'ottenimento della rettifiica del sesso all'anagrafe, sulla carta d’identità, sulla patente e gli altri documenti.
Il percorso per modificare la propria sessualità in maniera legale passa obbligatoriamente attraverso molteplici livelli: medici, legali e infine giudiziari mediante il ricorso al tribunale.
Per quel che concerne l'aspetto medico e psico-fisico si rimanda ad apposito approfondimento nelle opportune sedi, mentre di seguito si delinea brevemente l'iter legale.
Nel corso della prima fase del procedimento giudiziario, che si caratterizza come fase contenziosa e nella quale è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, il giudice nomina un consulente tecnico d’ufficio (uno psichiatra, possibilmente che abbia già avuto qualche esperienza in materia di transessualismo) che deve valutare il fondamento della richiesta, in altre parole verificare il diritto del ricorrente a ottenere l'attribuzione di un sesso diverso, con conseguente autorizzazione al trattamento medico necessario. Una recente sentenza del Tribunale di Roma ha statuito il cambiamento di genere anche senza l’operazione agli organi genitali, grazie a lunghi trattamenti ormonali.
Prima dell’intervento però il richiedente, generalmente, viene ugualmente sottoposto a un trattamento ormonale (che seguiterà anche nella fase successiva all’operazione, talvolta per tutta la vita) con l’ausilio di un endocrinologo.
Questa fase si conclude con una sentenza, con la quale il giudice autorizza gli interventi chirurgici, che sono sempre a carico del servizio sanitario nazionale e che vanno eseguiti in una struttura pubblica.
L’autorizzazione del tribunale è necessaria, altrimenti il medico non potrebbe rimuovere un organo intatto e in buone condizioni. Conclusosi positivamente l’intervento, prende il via la seconda fase del giudizio.
La seconda fase è ben più rapida, che si svolge interamente in camera di consiglio. Anche questa si conclude con una sentenza, questa volta di mero accertamento. Qui i giudici, una volta verificata (per mezzo di consulenza tecnica d’ufficio) l’avvenuta modifica dal punto di vista anatomico, emettono una seconda sentenza che permette alla persona che si è sottoposta al trattamento di ottenere il cambio di identità all'ufficio anagrafe, come pure su tutti i documenti (compresa la carta d’identità e la patente), a eccezione dell'estratto integrale di nascita e del casellario giudiziario.
La rettificazione del sesso è accompagnata dalla variazione del primo nome, in maniera tale da evitare divergenze sui registri anagrafici. Competente a provvedere alla correzione sul registro apposito è l'ufficiale di stato civile del domicilio di chi ne fa richiesta.
In seguito agli interventi chirurgici bisogna ricorrere di nuovo al tribunale per ottenere la richiesta di rettifica anagrafica. Tale richiesta deve essere accompagnata dalla cartella clinica del soggetto, idonea a dimostrare l’avvenuta variazione dei caratteri sessuali primari.
Nel caso lo ritenga opportuno, il giudice può anche disporre una perizia tecnica d’ufficio con lo scopo di accertare le condizioni fisiologiche del ricorrente.
Con la sentenza di rettifica anagrafica il tribunale o l'avvocato civilista chiede all'ufficiale di stato civile del comune in cui è stato compilato l'atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro.
La legge stabilisce che in seguito alla rettificazione di sesso nessuna traccia debba permanere circa il sesso e il nome originari, a salvaguardia della privacy e del futuro inserimento nei rapporti sociali e lavorativi.
Questo significa che da quel momento in poi qualsiasi documento relativo al soggetto riporterà la sola indicazione del sesso di arrivo e del nome di elezione.
La rettifica anagrafica consente al soggetto di acquisire a tutti gli effetti il nuovo status sociale, legale e giuridico, ivi compresa la possibilità di contrarre matrimonio e sposarsi nuovamente(un eventuale vincolo coniugale antecedente è da ritenersi sciolto).
La relativa procedura legale può andare avanti per un periodo che varia da pochi mesi a un anno: la sua durata dipende da molti fattori che cambiano da persona a persona, fra cui i tempi per il rilascio dell’autorizzazione all’intervento, la durata del sostegno psicologico e così via.
Anche per quel che riguarda i costi non è possibile fissare una regola generale. Potranno influire, ad esempio, la scelta di interventi che non sono coperti dal Servizio Sanitario, l’eventuale designazione di un consulente tecnico di parte.
La transessualità o transessualismo è la condizione di coloro che percepiscono l’immagine interiore di sé in modo difforme, identificandosi nell'identità sessuale opposta al sesso anatomico di nascita.
Un soggetto transessuale è quindi una persona che, nata e registrata anagraficamente secondo un sesso, ha successivamente sviluppato un identità di genere che lo ha portato a pensare di appartenere al sesso opposto.
Il transgenderismo
Nella terminologia psicologica, psichiatrica, endocrinologica e legale il termine "transgender" viene utilizzato in termini semplificativi per indicare una persona transessuale non operata ai genitali (da Wikipedia).
Riferimenti di legge
La legge n. 164 del 14 aprile 1982 e successive integrazioni e modifiche disciplina questa materia.
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