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Avvocato per recupero crediti a Roma
Recupero L’attività di recupero crediti è oggi diventato il punto d’arrivo di tanti rapporti patrimoniali.
Qualora una persona vanti un credito nei confronti di un’altra, e non riesca in via bonaria (comunicazioni verbali e per iscritto, telefonate) ad ottenere quanto dovuto, può rivolgersi ad un avvocato per il recupero crediti.
Per converso, una persona che intende risolvere i propri debiti e tutelare il proprio patrimonio da possibili e future aggressioni da parte del creditore, può affidarsi ad un avvocato specializzato che potrà consigliarlo a seconda del profilarsi della situazione debitoria in capo al proprio cliente.
Di regola, e per la difficoltà a reperire credito facilmente, si tende a scoraggiare il prolungamento del debito ed a trovare soluzioni bonarie che contemperino l’esigenza del creditore, di vedere soddisfatta la propria pretesa, e quella del debitore, di riuscire a reperire denaro, come per esempio le transazioni.
Diversamente, l’avvocato appronterà in giudizio tutti gli atti a tutela del proprio cliente fino al processo esecutivo, non potendo in questa fase entrare però nel merito della questione debitoria ma limitandosi ad addurre motivi procedurali. Sarà il giudice, in questa fase, a decidere l’opportunità del provvedimento da emettere.
L’avvocato specializzato in recupero crediti è un professionista esperto nell’ambito del diritto civile, del processo esecutivo e del diritto fallimentare, che tutela coloro che, sia dal lato attivo che da quello passivo, hanno insoluti o mancati pagamenti.
Ha particolare competenza anche nell’ambito della due diligence, attuando così quel processo investigativo volto ad analizzare valori e condizioni di un’azienda o del patrimonio di un debitore.
La materia del recupero credito è certamente fra quelle più ostiche in quanto comporta un’azione esecutiva, forzosa, in danno di soggetti che, a causa di fattori endogeni e, molto più spesso, esogeni (es. sovra indebitamento dovuto all’attuale crisi economica), non riescono a rientrare più nel debito e non riescono a reperire risorse finanziare in breve tempo per far fronte ad una siffatta situazione.
Prima di iniziare qualsiasi procedura giudiziale di recupero del credito, l’avvocato cui ci si rivolge consiglierà l’invio di una diffida e messa in mora.
In essa, l’avvocato - che riceve mandato ad agire da parte del proprio cliente/creditore - invita il debitore a saldare quanto dovuto e lo avverte che, in caso di mancato pagamento nel termine intimato, verrà intrapresa un’azione legale in suo danno per recuperare il credito.
Nel caso in cui il procedimento stragiudiziale si riveli infruttuoso per tempi e modalità stabilite, si procederà all’azione legale più opportuna per il recupero del tipo di credito vantato dal cliente.
Si distingue, infatti, una prima fase con l’azione del ricorso per decreto ingiuntivo e/o il processo di cognizione ordinario, di cui si tratterà più dettagliatamente nel paragrafo successivo; vi sono poi casi che necessitano anche della predisposizione di procedure cautelari atte alla tutela del credito e, infine, la redazione dell’atto di precetto.
L’atto di precetto è un’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo nel termine non inferiore a 10 giorni. Con il decreto legge di riforma del processo civile approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 giugno 2015, un’ulteriore tutela per il debitore è stata introdotta fra gli elementi necessari all’interno dell’atto di precetto.
Il precetto, a pena di nullità, oltre ai requisiti ex art. 480 c.p.c., deve contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovra indebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano.
Al decorrere dei dieci giorni intimati nell’atto di precetto, si darà inizio alla fase esecutiva.
L’espropriazione forzata inizia con il pignoramento secondo quanto sancito dall’art. 491 c.p.c.
Con questo atto, l’ufficiale giudiziario - su istanza del creditore - ingiunge al debitore di non sottrarre quei determinati beni alla garanzia del creditore.
A seconda dei beni del debitore che si decide di pignorare, l’espropriazione forzata si distinguerà in immobiliare, mobiliare presso il debitore ovvero presso terzi, in quest’ultimo caso, sia per quanto attiene ai crediti del debitore verso i terzi che alle cose del debitore in possesso dei terzi.
A questo punto, si dovrà valutare l’opportunità di iniziare una procedura esecutiva ovvero di intervenire in procedure esecutive già in essere: nel primo caso, si dovrà redigere un’istanza di vendita del bene pignorato, nel secondo caso, si dovrà depositare l’atto di intervento a norma dell’art. 499 c.p.c. prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione del compendio pignorato presso la Cancelleria del Tribunale ove è incardinata la procedura.
Dunque, il creditore procedente chiederà al giudice dell’esecuzione di fissare l’udienza per la vendita o l’assegnazione dei beni pignorati, con le modalità particolari per ciascun tipo di espropriazione.
La vendita forzata ha la funzione di trasformare i beni pignorati in denaro, pertanto, ciò non avviene nel caso in cui il bene pignorato sia una somma di denaro, di cui il creditore potrà invece chiedere l’assegnazione.
Le cause più frequenti da intraprendere in questi casi sono il ricorso per ingiunzione di pagamento o il processo di cognizione ordinario.
Il primo consiste nella richiesta al giudice di emettere un provvedimento giudiziale di pagamento nei confronti del debitore sulla base di prove scritte certe ed inconfutabili e senza che il debitore venga in essa coinvolto (si chiama, infatti, provvedimento inaudita altera parte).
Il provvedimento giudiziale, chiamato decreto ingiuntivo, sarà emesso dal giudice entro 30-90 giorni dal deposito del ricorso e prevede l’ordine di pagamento in capo al debitore nel termine di 40 giorni ovvero, nel medesimo termine, l’opposizione allo stesso.
Detta ingiunzione può essere anche provvisoriamente esecutiva, ai sensi dell’art. 642 c.p.c., qualora il credito da esigere sia fondato su cambiali, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ovvero quando vi sia pericolo di grave pregiudizio nel ritardo del pagamento. Ciò significa che, all’emissione del decreto ingiuntivo da parte del giudice, il creditore potrà pedissequamente ad esso azionare anche l’atto di precetto.
Con il secondo, che è un procedimento dai tempi più lunghi, il creditore - attraverso la notifica dell’atto di citazione diretto al debitore - incardina presso il Tribunale del luogo competente una causa. Con l’instaurazione di questa, si vuole chiedere al giudice di accertare e dichiarare il credito vantato in virtù di prove documentali e testimoniali fornite in contraddittorio fra le parti.
A differenza del procedimento per decreto ingiuntivo, la funzione del processo a cognizione ordinario è duplice: da un lato, chiama in giudizio il presunto debitore al fine di accertarne la responsabilità davanti ad un giudice; dall’altra, rivolge al medesimo giudice la richiesta di tutela giurisdizionale, previa affermazione del diritto di credito di cui si chiede la tutela.
Il provvedimento conclusivo di tale procedimento sarà una sentenza e i tempi di ottenimento sono, ad oggi, variabili in base all’articolarsi delle tesi difensive proposte dalle parti.
Esistono diverse tipologie di procedure esecutive, differenti per tempi e modalità, rispetto alle prime due citate da attivarsi per il recupero di un credito.
Il più importante il precetto di pagamento.
Esso ricorre quando il credito vantato è definito da un titolo di credito (cambiale, assegno o altri documenti a questi equiparati dalla legge), alla scadenza della data di pagamento, il titolo di credito diventa direttamente esecutivo, cosicché è possibile procedere subito ad un’azione attraverso la notifica dell’atto di precetto ed esigere il pagamento.
Esiste, inoltre, anche l’esecuzione per consegna o rilascio da attivarsi ai sensi dell’art. 480 c.p.c. In questo caso il precetto deve avere, a differenza di quello prodromico all’esecuzione forzata, un contenuto più specifico dovendo anche indicare sommariamente i beni di cui si chiede la consegna o il rilascio.
Nella forma, la parte dell’atto di precetto in cui si intima al debitore l’adempimento deve far riferimento al termine eventualmente previsto dal titolo esecutivo ai sensi dell’art. 605, II co., c.p.c.
I titoli esecutivi su cui si fonda questo tipo di esecuzione sono espressi nell’art. 474, II co., e sono le sentenza, i provvedimenti giudiziari, gli altri atti a cui la legge attribuisce efficacia esecutiva – comprendendovi anche il verbale di conciliazione degli organismi di mediazione – e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli.
Se nel corso dell’esecuzione si evidenziano difficoltà la cui risoluzione comprometterebbe il buon andamento del processo, ciascuna parte processuale può chiedere al giudice di emanare, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei di cui all’art. 610 c.p.c.
Se si tratta di espropriazione immobiliare, i beni da consegnare sono pignorati in base ad una precedente e diversa esecuzione. Il creditore istante presenta opposizione all’esecuzione e non può conseguire subito la consegna dei beni medesimi per effetto dell’art. 607 c.p.c. In questo caso, all’intervento dell’ufficiale giudiziario precede la notifica dell’avviso alla parte intimata relativamente al rilascio dell’immobile. Tale atto, notificato con un preavviso di 10 giorni, ha il fine di comunicare al soggetto la data in cui l’ufficiale giudiziario procederà all’esplicazione delle attività previste dalla legge, immettendo il creditore procedente nel possesso dell’immobile attraverso la consegna delle chiavi.
Nel caso, invece, di espropriazione mobiliare, decorso inutilmente il termine previsto dal precetto per adempiere, l’ufficiale giudiziario munito del precetto e del titolo esecutivo, si reca nel luogo dove si trovano i beni mobili e li ricerca secondo le medesime modalità indicate dall’art. 513 c.p.c. per l’espropriazione mobiliare presso il debitore. Una volta individuati, li consegna alla parte istante o alla persona da questi delegata a riceverli così come disciplinato dall’art. 606 c.p.c.
Questi due tipi di esecuzione in forma specifica possono anche estinguersi qualora la parte che vi ha dato avvio, prima che si concluda l’attività di consegna o rilascio del bene, rinunci al procedimento. Ciò può avvenire attraverso uno specifico atto di rinuncia da notificarsi sia al debitore esecutato sia all’ufficiale giudiziario procedente. A conclusione di queste attività, l’ufficiale giudiziario redige il processo verbale di quanto compiuto, comprendendo anche le spese anticipate dal creditore istante per l’esecuzione. La liquidazione di queste spese sarà liquidata dal giudice con decreto e costituirà, a sua volta, titolo esecutivo.
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